ROBERT MAPPLETHORPE: LA FOTOGRAFIA DEL “PROIBITO”

Nel pieno tumulto culturale della New York anni ’70, cornice di una rivoluzione sessuale e teatro di manifestazioni in favore dei diritti LGBT e dell’inclusività, la fotografia di Robert Mapplethorpe arriva come un fulmine dalla tensione irriverente, oltraggiosa ed elegantissima a testimonianza di tale stravolgimento sociale.

Per la prima volta la sottocultura omosessuale della città viene portata alla luce senza filtri, elevata ad arte attraverso i suoi scatti in bianco e nero che se da un lato vengono etichettati malevolmente come inni alla pornografia, dall’altro contribuiscono a sdoganare l’erotismo esplicito nell’arte fotografica.

Una vera e propria rivoluzione estetica la sua di cui ancora oggi si avverte il rimbombo.

UNA SENSIBILITA’ FUORI DALLE CONVENZIONI

La vita di questo artista, seppur breve, è stata vissuta all’insegna della fotografia nella sua declinazione più scandalosa e affascinante, velata di quella sfumatura di innovazione che ancora oggi contraddistingue il suo operato ed ispira le nuove generazioni di fotografi.

Nato nel Queens, nel 1946, Mapplethorpe inizia sin da ragazzo ad esternare la sua creatività, inventando collage con immagini ritagliate da libri e riviste. Lo stringente ambiente cattolico in cui cresce alimenta la sua tendenza ad uscire dagli schemi di una società perbenista come quella americana e ricercare il proibito, tema che ricorrerà spesso nella sua produzione creativa.

L’attrazione verso il proibito lo induce ad appena 16 anni nel tentativo di rubare da un negozio di Times Square un giornaletto pornografico gay che, per via dei suoi contenuti espliciti vietati ai minori,veniva venduto sigillato: inaccessibile ai suoi occhi curiosi e per questo attraente.

Negli anni delle rivolte studentesche e dei movimenti di liberazione delle donne e degli omosessuali, l’artista vent’enne cerca di reprimere le proprie tendenze omoerotiche. Conosce e si innamora nel 1967 di Patti Smith, allora una giovane ragazza con l’ambizione della poesia, con cui va a vivere insieme in un appartamento in Hall Street e successivamente al Chelsea Hotel.

Il rapporto tra i due, dapprima romantico e poi amicale, segna una tappa importante nella vita e nell’arte di Robert: molte delle fotografie scattate tra il ’70 e il ’73 ritraggono proprio la ragazza  e uno di questi scatti diventa la copertina del primo album di lei dal titolo “Horses”.

Si tratta delle prime immagini che Mapplethorpe realizza con la sua Polaroid, acquistata con l’intento di sostituirsi alla ricerca di immagini da utilizzare per i suoi collage.

La svolta avviene quando gli viene regalata la sua prima Hasselblad dal suo amante Sam Wagstaff, curatore e collezionista: il supporto di quest’ultimo inserisce l’artista negli ambienti della buona società. Espone la sua prima mostra personale dal titolo “Polaroids” alla Light Gallery di New York ed inizia una collaborazione durata diversi anni con Lisa Lyon, una delle prime bodybuilder della storia, per cui realizzera svariati ritratti oggi raccolti nella monografia “Lady, Lisa Lyon”.

I ritratti dalla sessualità vibrante, gli studi di nudo maschile e femminile e le nature morte floreali lasceranno la scia di quella originalità anticonformista che ancora oggi contraddistingue il suo stile.

Tuttavia la dipendenza da marijuana e LSD segnerà la sua intera vita; nel 1986 gli viene diagnosticato l’AIDS e, poco tempo dopo la sua prima grande retrospettiva al Whitney Museum of American Art nell’88, muore per complicazioni legate alla malattia. Aveva 42 anni.

“NEOCLASSICISMO” CHE GRIDA SESSUALITA’

Lo stile di Mapplethorpe è stato spesso definito come una forma di “pornografia artistica” per i contenuti omoerotici da lui prediletti che se da un lato scandalizzano le masse dal’altro evidenziano un’eleganza compositiva che difficilmente lascia indifferenti; La sua produzione spazia dalla rappresentazione visiva di libertà sessuali alla delicatezza di uno still life floreale dai contorni neoclassici.

Il suo primo approccio alla fotografia si esterna nella rappresentazione di scene bondage e sadomaso gay : nella serie “The X Portfolio”, che ha reso celebre il nome dell’artista, delle reali coppie newyorkesi vengono ritratte in pratiche erotiche estreme. Da qui si evidenzia uno dei temi principali nella produzione artistica di Mapplethorpe ossia lo studio del corpo, soprattutto maschile, della sua fisicità e plasticità, che riesce col suo obbiettivo a scolpire con la luce, dando esempio di una bravura tecnica degna dei più noti maestri rinascimentali.

A rendere la sua fotografia così individuale,dunque, è la contrapposizione tra la scabrosità dei contenuti e la raffinatezza dello stile: i corpi sono immortalati in pose sessualmente esplicite, plasmati da un bianco e nero soft e raffinato e si ergono a rappresentazione di un ideale estetico dal sapore classico.

“Quando ho fatto foto sado-maso, immagini molto esasperate, la gente faceva delle cose vere, reali. Non c’era alcuna finzione teatrale. L’esperienza è più importante della foto in sé. Io non faccio foto, faccio parte dell’evento, in questo senso non mi considero un fotografo. La fotografia per me è uno strumento per fare un oggetto”.

Il nudo statuario e la sua attrattiva sessuale sono oggetto di gran parte degli scatti realizzati tra gli anni ’70 e ’80; la restante parte comprende i ritratti di celebrità e lo studio delle nature morte floreali.

Queste ultime altro non sono che una riproposta del lavoro già effettuato sul corpo umano che vede il fondersi di sesso e raffinatezza: l’attenzione è ora focalizzata ai fiori, gli organi riproduttivi delle piante, che vengono immortalati nella loro staticità, delicatezza e tensione erotica. Molti di questi scatti sono contenuti nella monografia “Flora. The complete flowers”.

L’arte di Mapplethorpe rappresenta una decisa rottura nel muro che separa arte e pornografia, due estremi divisi da un diverso giudizio sociale, due linee parallele tra loro che infrangono la promessa di non incontrarsi mai.

Maria Nunzia Geraci

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