René Magritte

Nato a Lessines nel 1898, René Magritte è considerato uno dei più grandi pittori del Belgio nonchè massimo esponente del surrealismo.


Terminati gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles – periodo in cui scopre ed accresce l’interesse per le avanguardie artistiche di primo ‘900 – inizia a lavorare come grafico per guadagnarsi da vivere, disegnando manifesti pubblicitari, copertine di libri e dischi, carte da parati e tappezzerie.


La sua arte inizia a declinare le proprie caratteristiche quando, nel 1925, Magritte realizza la sua prima opera surrealista dal titolo ” il fantino perduto”: questa raffigura un fantino che spinge al galoppo il suo cavallo in una foresta fatta di alberi che sono scacchi da cui si diramano minacciosi rami neri, disposti in una scacchiera divisa in angoli irregolari.

“Il fantino perduto” 1925

Concentrarsi sulla rappresentazione delle idee piuttosto che l’estetica della realtà diventa il tratto distintivo di questo originale artista che, seppur inizialmente stroncato dalla critica, riesce a raggiungere il successo negli anni ’60.


Il suo stile si traduce in un illusionismo onirico che si basa sulla decontestualizzazione di oggetti reali; La sua pittura, infatti, è capace di insinuare dubbi nell’osservatore che, pur trovandosi davanti oggetti apparentemente realistici, avverte significati nuovi ed insoliti celati da misteriosi dettagli.


E’ con l’osservazione della pittura di De Chirico de Magritte ha la sua svolta surrealista ed adotta un linguaggio visivo metafisico ed enigmatico. Il suo approccio apparentemente giocoso alla vita e all’arte cela un dramma familiare destinato a segnare indelebilmente la sua vita: a soli 14 anni, infatti, la madre Règina si suicida gettandosi dal fiume Sambre.
Nonostante ciò, l’artista si lancia, con approccio ironico ed ingenuo, in un linguaggio artistico fatto di appartente figuratività – in quanto ciò che è raffigurato si presta ad essere sempre riconoscibile- ed associazioni stranianti di oggetti che sembrano così collocati fuori dal tempo.

“Il figlio dell’uomo” 1964

«L’arte è ciò che evoca il mistero senza il quale il mondo non esisterebbe»


Diversi sono i concetti ricorrenti nelle sue opere: il tema del quadro nel quadro o del rapporto tra le immagini e le cose o le parole si ritrovano in rappresentazioni come “La condizione umana” che mette in evidenza l’ambiguità della percezione di chi osserva e “Il tradimento delle immagini” in cui una gigantesca pipa viene raffigurata con una scritta che cita “Ceci n’est pas une pipe” (Questa non è una pipa).


In quest’ultima viene evidenziato che si tratta, in effetti, di una raffigurazione dell’oggetto e non dell’oggetto stesso: ciò che l’osservatore dava per scontato viene contraddetto e negato ed in questo modo egli viene posto davanti all’inganno dei propri sensi.

“Il tradimento delle immagini” 1929

Magritte distrugge il principio del “fare arte per compiacere” creando quadri in grado di aprire la mente dell’osservatore a nuovi orizzonti di riflessione; è ciò che accade con “Golconda”, realizzato nel 1953, in cui degli uomini identici tra loro scendono dall’alto come pioggia evidenziando, con riferimento al rapporto tra uomo e lavoro, l’omologazione di questo e la meccanicità della routine.


«La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione»


Per via della sua abilità nell’insinuare dubbi sulla realtà, gli è stato attribuito il soprannome di “Sabotatore tranquillo”; Attualmente la maggior parte delle sue opere sono conservate al Museo Magritte in Place Royale a Bruxelles.

“Golconda” 1953

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