
Rembrandt
Alla fine del XVI secolo, gli equilibri politici ed economici dell’intera Europa subirono dei significativi cambiamenti; infatti, alla progressiva decadenza dell’Impero e della Spagna fece da contraltare l’ascesa di Inghilterra e Olanda. Fu in seguito alla morte dell’imperatore Carlo V che le province protestanti del Nord dei Paesi Bassi scelsero di unirsi e dichiarare guerra alla corona spagnola, ottenendo l’indipendenza nel 1648 con la Pace di Westfalia, in cui la Repubblica delle Province Unite venne ufficialmente riconosciuta come Stato. Quella che seguì, è denominata dalla storia l’”età dell’oro” olandese.

È in questa nuova fase della storia moderna che Rembrandt Harmenszoon van Rijn nasce e sviluppa la sua arte, destinata ad influenzare la pittura olandese degli artisti del futuro: egli fu un pittore problematico e controverso e condusse un percorso sia artistico che personale difficile da comprendere del tutto.
BIOGRAFIA
Nacque nel 1606 a Leida nei Paesi Bassi da una famiglia benestante, ma umile e numerosa. Nel 1619, dopo essere stato ammesso all’Università di Leida, scelse di abbandonare gli studi per frequentare la bottega del pittore Jacob van Swanenburgh: si trattava di un artista molto modesto, ma con un’ottima conoscenza dell’arte romana e napoletana contemporanea.
Nel 1624 si recò ad Amsterdam dove frequentò la bottega di Pieter Lastman: quest’ultimo era da poco tornato da un lungo soggiorno in Italia e avvicinò Rembrandt all’ambiente culturale e artistico della capitale. In particolare, il giovane artista ebbe la possibilità di confrontarsi con la corrente del caravaggismo, la cui influenza proveniva anche da Utrecht, città nella quale erano raccolti numerosi pittori del tempo.
Dopo soli sei mesi, fondò una sua bottega a Leida che si arricchì di numerosi allievi nel giro di poco tempo. La prima commissione risale al 1625, ma è stato perduta; in generale, questo primo periodo di attività è caratterizzato dalla produzione si ritratti familiari e dipinti a soggetto religioso e storico.
Nel 1631 tornò nuovamente ad Amsterdam per trasferirsi presso la casa del mercante d’arte Hendrick Uyelenburgh, grazie al quale ottenne numerose commissioni sia di stampo religioso, ma anche pubblico. Qui convogliò a nozze con la nipote del suo mercante, ottenne la cittadinanza di Amsterdam e entrò nella gilda di San Luca, ovvero una delle corporazioni di artisti e artigiani attive soprattutto durante il periodo barocco.
La produzione artistica di Rembrandt si arrestò nella seconda metà degli anni ’30, quando si dedicò al commercio di oggetti d’arte. Inoltre, dovette fronteggiare le crescenti preoccupazioni finanziarie dovute alla morte della moglie e all’acquisto di una nuova dimora, che si aggravarono negli anni ’50 del secolo, costringendolo a vendere la sua collezione e la sua casa.

Morì nel 1669 ad Amsterdam in condizioni di estrema povertà e trafitto da un dolore profondo, dovuto alla prematura scomparsa di uno dei figli, della seda moglie e anche della nuora, deceduti probabilmente a causa della peste.
LE OPERE
Gli esperti d’arte del XX secolo avevano supposto che Rembrandt avesse realizzato più di 600 dipinti, quasi 400 incisioni e circa 2.000 disegni, un numero che successivamente subì un netto restringimento. Non è da escludere che egli abbia in effetti realizzato più di 2.000 disegni, ma quelli sopravvissuti sono meno di quanto un tempo si fosse ritenuto. Eseguì soprattutto molti autoritratti che ci forniscono una visione eccezionalmente chiara dell’artista, del suo aspetto fisico e, più importante, della sua evoluzione psicologica, come ci rivela il volto segnato dagli anni delle ultime opere.
Tra questi, ricordiamo l’”Autoritratto nello studio” del 1629, oggi al Museum of Fine Arts di Boston: la tavola lo ritrae poco più che vent’enne di fronte al cavalletto, in un’iconografia assolutamente inedita: il giovane artista è come se prendesse le distanze dalla sua stessa opera, ma tiene in mano gli strumenti del lavoro; secondo lo studioso E. van de Wetering, l’atteggiamento del pittore alluderebbe alla predilezione di Rembrandt per il processo creativo “contemplativo”, ovvero l’idea, in alternativa sia a quello basato sulla spontaneità sia a quello incentrato sull’esercizio.

Inserì spesso i suoi parenti più stretti – la moglie Saskia, il figlio Titus e la seconda compagna Hendrickje – nei suoi dipinti, ma prediligeva anche opera a soggetto mitologico, biblico o storico. Nel 1668 dipinse il “Ritorno del figliol prodigo”, oggi al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, in cui rappresentò la famosa parabola nel suo momento più emozionante, ovvero il perdono del padre. La testa del figlio è pelata, come quella di un feto, in quanto il perdono del Padre rinnova il figlio fino a renderlo scevro da colpa alcuna come colui che, non essendo ancora nato, non può averne commesse.

Il particolare forse più importante di questo quadro sono le mani del padre; se le si osservano attentamente possiamo notare che non sono uguali, ma sono una maschile ed una femminile. In questa rappresentazione non sono presenti donne poiché il “Padre misericordioso” che è il Dio che accoglie tutti, specialmente i peccatori redenti, non è solo il “nostro” Padre ma è anche la “nostra” Madre, Lui è il tutto.
Un assoluto capolavoro dell’artista è la “Ronda di notte” del 1642, conservato ad Amsterdam: si tratta di un ritratto di gruppo e appartiene all’antica tradizione delle rappresentazioni delle Compagnie della Guardia civile.

I personaggi agiscono come se fossero su un palcoscenico, con armi pronte a sparare e rulli di tamburi e la dinamicità della scena è ancora di più accentuata della luce che, come una spirale, si restringe sui personaggi in primo piano. Il dipinto è una chiara celebrazione delle virtù civica che dominava la civiltà olandese del ‘660; il pittore ha dedicato molto cura alla creazione delle uniformi e, forse, la bambina con abiti dorati sulla sinistra potrebbe personificare la Vigilanza, come dimostrerebbe il galletto che porta nella cinta.
REMBRANTD: ARTE E AUTONOMIA
La personalità artistica di Rembrandt è una della più singolari dell’XVII secolo; questo è possibile affermalo in quanto non solo egli non svolse un percorso di studi usuale; infatti, non compì mai il fatidico “viaggio in Italia”, ma si allontanò totalmente dall’orientamento stilistico di un tempo in cui la sfarzosità e la stravaganza delle forme stava alla base di ogni forma d’arte. Per questa ragione, egli venne lodato dagli storici dell’arte dei secoli a venire, come Aby Warburg, il quale apprezzava particolarmente l’arte del pittore olandese e la sua personalità, in grado di non sottostare alle usanze e alle mode del tempo.

Man mano che la sua fama di artista iniziò a manifestarsi, Rembrandt scelse di mutare progressivamente il modo di intendere la pittura. Infatti, nei primi anni di attività, in particolare quelli trascorsi a Leida, Rembrandt si specializzò in una pittura raffinata e attenta al dettaglio, indugiando nella resa naturalistica di ogni oggetto. Verso la fine del decennio 1630, si dedicò alla rappresentazione di paesaggi che accentuavano la forza drammatica della natura; fino a quando semplificò il suo stile, adottando toni più sobri e preferendo un tratto sfrangiato. Iniziò a lavorare con tocchi rapidi, creando contrasto tra puri dettagli e macchie di colore luminescente.
In vecchiaia Rembrandt si chiuse in una dimensione totalmente solitaria e si concentrò su una ricerca pittorica sempre più personale e attenta alla produzione di ritratti, realizzati con pennellate e toni drammatici.
Nonostante le evoluzione che l’arte del pittore olandese subì, essa detiene dei caratteri costanti: l’importanza conferita al chiaroscuro e il sapiente e scenografico sfruttamento della luce e delle ombre derivato dal contatto con i caravaggisti olandesi, ma adattato per i suoi scopi personali; l’abilità di presentare i soggetti in modo teatrale e realistico senza il rigido formalismo spesso presente negli artisti suoi contemporanei ed un’evidente e profonda compassione per l’uomo, senza preoccuparsi della sua ricchezza o età.