OLIVIERO TOSCANI

FOTOGRAFO ITALIANO PER ANTONOMASIA

Ottant’anni di vita (appena compiuti) per sessanta di carriera. È questa la proporzione che ci introduce alla storia di Oliviero Toscani, emblema della fotografia italiana nei decenni più significativi della nostra storia.

Toscani è il classico esempio del “figlio d’arte”, in quanto figlio di Fedele Toscani, uno dei più famosi fotoreporter del Corriere della Sera che, sin dalla giovane età, lo spinse alla pratica della fotografia. Non è un caso che a soli 14 anni pubblicò il suo primo scatto sul Corriere: nel 1956, infatti, aveva accompagnato il padre a Predappio in occasione della tumulazione di Mussolini e aveva ritratto il volto straziato della moglie Rachele. “Sei stato più bravo di me” gli disse il padre.

In seguito al diploma in fotografia nel 1965 presso la Kunstgewerbenschule di Zurigo in cui ebbe la possibilità di studiare con i più importanti nomi dell’arte del tempo, tra i quali Marcel Duchamp e Karl Schmid, iniziò a lavorare nella pubblicità e realizzò campagne per alcuni importanti marchi come Chanel, Valentino e Fiorucci.

A partire dagli anni ’90, incrementò la sua attività nell’editoria, fondando le riviste Colors, primo giornale globale del mondo, e Fabrica, centro internazionale per la arti e la ricerca della comunicazione moderna; assunse anche il ruolo di direttore creativo nel mensile Talk Miramax di New York e fu il coordinatore della pubblicazione di 30 ans de Liberation, un volume che, sulla base degli articoli del quotidiano Liberation, ripercorreva gli ultimi trent’anni di storia.

LA DENUNCIA FOTOGRAFICA IN TOSCANI

L’arte deve provocare. Se sei un vero artista devi essere il primo ad essere provocato, se così non è vuol dire che la tua arte non vale tanto”.

(Toscani, 2021)

Sono state queste le parole di Oliviero Toscani in occasione del suo intervento nella trasmissione La versione di Fiorella, in onda su Rai3. Sono parole che non sorprendono considerando lo scopo ultimo di ogni suo scatto. È vero che la sua carriera ha trovato spazio prevalentemente nel settore della moda, ma, con la sua arte, anche il senso stesso della moda ha cambiato direzione.

Il linguaggio fotografico di Toscani si caratterizza per la sua semplicità, la sua poca elaborazione e l’estrema attenzione all’analisi dei volti e dei corpi, spesso unici elementi delle composizioni. Questa apparente semplicità cela la profonda consapevolezza di Toscani dei mali del mondo di cui egli stesso è portavoce e di cui può essere testimone anche dalla sua posizione di privilegiato.

Questa sua idea di fotografia come strumento di denuncia si manifesta soprattutto nella campagna per la Benetton, la più importante e duratura della sua carriera. Con questa collaborazione, iniziata negli anni ’80, Toscani non sancì soltanto la sua fama, ma delineò uno stile del tutto personale, capace di raccontare l’Italia moderna e i suoi tabù. La moda non rappresentò più un fenomeno separato dal mondo che la creava, ma divenne un pretesto per riflettere sui temi più forti della società degli anni ’80 e ’90: l’Aids, il razzismo, l’omofobia, il problema della criminalità organizzata. 

Per comprendere la potenza di questi scatti, è importante ricordare che Toscani abbandonò la collaborazione con la Benetton nel 2000, in seguito ad una campagna controversa che aveva come soggetti i condannati a morte negli Stati Uniti che provocò un vero e proprio scandalo contro la casa di moda. La collaborazione con l’azienda è poi ripresa nel 2018 fino all’inizio del 2020.

La volontà di dedicarsi ai temi più controversi della società, però, non si esaurisce con questi scatti. Scandalosa fu anche la campagna per il marchio Nolita, in cui fotografò la modella Isabelle Caro, malata di anoressia, che morì qualche anno dopo la pubblicazione della serie fotografica.

L’impegno sociale di Oliviero Toscani si è anche manifestato nella scelta di entrare in politica, schierandosi con i Radicali, a partire dal tempo della leadership di Marco Pannella. Nel 1971 fu uno dei firmatari della lettera aperta a L’Espresso sul caso Pinelli, in cui venivano accusati di negligenza alcuni funzionari che si erano occupati del caso di Giuseppe Pinelli, anarchico e partigiano italiano, che era precipitato da una finestra mentre era in stato di fermo alla questura di Milano.

Non c’è dubbio che la personalità di questo fotografo e uomo di politica abbia destato tanto scalpore nella società contemporanea, soprattutto per il suo carattere dirompente, senza filtri e la sua presa di posizione radicale in ogni fatto o evento sociale. Quindi, che la persona di Oliviero Toscani sia amata o meno è un fatto del tutto soggettivo: ciò che invece non può essere negato è il suo contributo all’arte in genere, in quanto è stato forse il primo ad allontanare la fotografia italiana dalla sua natura elitaria, affinché essa potesse essere strumento, motore di comunicazione e arma di contestazione per eccellenza.

Articolo a cura di Giuliana Di Martino

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