
Katsushika Hokusai
Il nome di questo artista non è forse uno dei più ridondanti nella storia dell’arte, o il più facile da pronunciare, ma la sua opera più celebre è certamente nascosta nei meandri della nostra mente. Katsushika Sori, in arte Hokusai, è l’autore de “la grande onda presso la costa di Kanagawa”, oggi all’Honolulu Museum of Art, nonché emblema del giapponismo (influenza dell’arte giapponese sulla cultura occidentale, in particolare francese) che ha segnato in modo profondo l’evoluzione stilistica di molti pittori francesi del XIX secolo tra cui Degas, Gauguin e Van Gogh.
Biografia
Nasce a Edo, odierna Tokyo, nel 1760, probabilmente da un rapporto occasionale del padre biologico con una concubina; all’età di quattro anni venne adottato da una famiglia di fabbricanti di specchi che, da subito, lo misero in contatto con i primi rudimenti del disegno.
La sua vera specializzazione nell’ambito dell’arte inizia all’età di diciotto anni quando frequentò lo studio di Katsukawa Shunsho, pittore e incisore conosciuto soprattutto per le xilografie di genere “Ukiyo-e”, ovvero stampe artistiche su carta realizzate con matrici in legno e molto famose negli ambienti borghesi della vecchia Tokyo, che gli diede la possibilità di confrontarsi con nuove tecniche di stampa e di realizzare illustrazioni di romanzi popolari.
Lasciata la scuola del suo maestro, l’artista volse all’elaborazione del suo personalismo, rompendo i legami con gli stili che lo avevano preceduto.
L’emancipazione del pittore non fu facile, ma dopo un breve periodo di povertà, la scena artistica giapponese lo accolse, mostrando molto interesse per i nuovi soggetti paesaggistici e le composizioni floreali.
Nel 1798, con la scelta del suo pseudonimo Hokusai (letteralmente “studio della Stella Polare”, riconosciuto come auspicio per una brillante carriera) intraprese definitivamente la carriera di artista indipendente aprendo la propria bottega.
Tuttavia, l’ascesa al successo fu ostacolata da gravi problemi di natura economica che lo costrinsero sia a spostarsi di città in città alla ricerca di nuovi apprendesti da ingaggiare, sia a dedicarsi all’illustrazione di romanzi e alla pubblicazione di alcuni manuali di pittura.
A causa di debiti accumulati dal nipote, Hokusai fu costretto a trasferirsi a Uraga per sottrarsi ai creditori. Come un criminale in fuga, l’artista non ebbe mai un porto sicuro a cui far ritorno, ma passò gli ultimi anni della sua vita vagabondando, riuscendo a tornare nella capitale solo nel 1836 quando la città stava vivendo una grave carestia.
Nonostante le varie difficoltà di natura fisica ed economica, Hokusai all’età di settant’anni produsse quelle che sono probabilmente le sue opere più importanti, insieme ad uno svariato numero di stampe.
L’artista morì nel 1849 confortato dalle cure della figlia Oi, divenuta un’artista molto famosa e rinomata soprattutto come illustratrice.
Opere
La produzione artistica di Hokusai è davvero molto ricca non solo a livello quantitativo, ma anche qualitativo; infatti, la volontà di sperimentare tecniche sempre nuove lo portò a realizzare opere di genere diverso tra cui stampe, incisioni, illustrazioni e tele.
I primi lavori dell’artista furono realizzati nel 1779, firmati “Shunro” ovvero il nome che gli era stato assegnato dal suo maestro: si parla prevalentemente della raffigurazione di attori kabuki, ovvero performer specializzati nei ruoli femminili, o surimono cioè incisioni di nature morte o scene di vita quotidiana realizzate in legno e accompagnate da versi augurali.
Con la morte del suo maestro, Hokusai iniziò ad allargare lo sguardo sull’arte del tempo, entrando in contatto con le altre scuole giapponesi; assunse la direzione dell’atelier Tawayara Sotatsu, pittore e fondatore della scuola Rinpa: essa si distinse per la scelta di distaccarsi dallo stile tipico dell’arte giapponese, rifiutando l’uso di colori opachi e contorni netti, bensì prediligendo l’uso di colori sfumati che venivano prodotti utilizzando materiali naturali e sottolineavano il volume delle forme.

Dopo queste prime rappresentazioni ancora influenzate dagli stili delle scuole d’arte a cui era legato, nel 1800 pubblicò le prime due raccolte paesaggistiche “famous sights of the eastern capital” ed “eight views of Edo” utilizzando ancora lo stile Ukiyo-e, ma mostrando sin da subito la sua versatilità e l’interesse nei confronti della natura e di come essa mutasse in seguito al contatto con il mondo degli uomini.


Un’altra importante produzione, che ha reso Hokusai uno degli artisti più apprezzati anche nella contemporaneità, risale al 1812 e si tratta della raccolta “Hokusai manga” un insieme di schizzi con vari soggetti, tra paesaggi e scene soprannaturali.
Si parla prevalentemente di xilografie in tre colori nero, bianco e grigio la cui denominazione come “manga” aveva il significato letterale di “schizzi sparsi” con i quali voleva fornire ai pittori emergenti una guida per rappresentare i soggetti. Si tratta di una raccolta in quindici volumi, disposti senza un preciso ordine, ma che ad oggi è considerata un vero e proprio manuale della tradizione artistica e della società giapponese.

Ma è intorno agli anni ’20 dell’800 che la sua fama venne ufficialmente sancita con la produzione delle “trentasei vedute sul monte Fuji” tra cui rientra anche la “grande onda”: si tratta di una serie paesaggistica di stampe realizzate in stile ukiyo-e in cui il monte Fuji è rappresentato in ogni sua sfaccettatura: mutano le condizioni climatiche, la prospettiva, la distanza, ma il soggetto resta lo stesso.
La scelta del monte Fuji risulta essere lineare e coerente con gli interessi artistici e culturali del tempo: infatti erano state prodotte diverse serie paesaggistiche con il medesimo soggetto a cui erano collegate anche implicazioni religiose. Le novità introdotte dall’artista sono legate all’utilizzo di una vasta gamma di colori che richiese l’utilizzo di una serie di blocchi di legno per ognuno dei colori scelti.


Percorso artistico
«Sin dall’età di sei anni ho amato copiare la forma delle cose, e dai cinquant’anni pubblico spesso disegni, ma fino a quel che ho raffigurato a settant’anni non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré ho un po’ intuito l’essenza della struttura di animali e uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego quelli tra lor signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato. Dichiarato da Manji il vecchio pazzo per la pittura.»
Così scrive Hokusai nel 1835, riassumendo in poche righe lo spirito che mosse la sua anima nel corso della carriera. Egli era un’artista determinato a raggiungere la fama e il suo temperamento eccentrico e meticoloso lo condusse sulla via del successo.
Nel corso della lunga gavetta assorbì stimoli proveniente da contesti differenti, cambiando frequentemente nome e dipingendo incessantemente; l’ossessione di Hokusai per la pittura lo portò a produrre più di 30000 opere che hanno segnato la cultura giapponese.
Il suo percorso artistico fatto di studio, dedizione e contaminazione, ha attraversato gli anni dello sviluppo della cultura giapponese per antonomasia ed ha sposato in modo indissolubile gli interessi del pubblico.
L’intraprendenza di Hokusai si manifesta nell’analisi della sua arte caratterizzata da due forze opposte e complementari che gli permisero di andare oltre la chiusura mentale della cultura giapponese, raccolta nei suoi confini geografici, ma anche di restare ancorato ai capisaldi della stessa.
Con la scelta di diventare pittore indipendente, Hokusai attuò la sua rivoluzione: approfondì lo studio degli artisti francesi e fiamminghi e portò nelle sue opere la natura sotto ogni sua forma, mostrandone il rapporto con l’uomo e prediligendo i volti della gente comune, soprattutto contadini e pescatori. Tuttavia, il suo orizzonte, seppur innovativo, non smette di subire “l’influenza dei suoi occhi a mandorla” che lo spinse a non limitarsi alla semplice copiatura delle opere europee, ma ad adattarle al gusto giapponese.
Emblema di questo concetto è proprio “la grande onda di Kanagawa”; infatti, per noi occidentali il movimento dell’onda dovrebbe essere seguito da sinistra verso destra, lettura che mostra una possibile via di fuga e di salvezza proprio sulla destra; ma seguendo il metodo di lettura giapponese l’opera deve essere letto da destra a sinistra e così l’onda si presenta come un ostacolo insuperabile conferendo una forte drammaticità alla composizione.

Alla luce di queste considerazioni, l’arte di Hokusai si manifesta ai nostri occhi come una perfetta Via della Seta, capace di raccogliere nello spazio finito della tela due mondi geograficamente lontani, ma fusi in un perfetto connubio di innovazione e tradizione.