Jackson Pollock

Ad aver diviso la critica per anni circa la valenza delle sue opere è l’artista statunitense Jackson Pollock, la cui cifra stilistica si pone alla base dell’espressionismo astratto fatto di gesti improvvisi del pittore che, lasciandosi guidare da impulsi liberatori, da origine ad un processo creativo del tutto originale.

Trascorre l’adolescenza tra l’Arizona e la California, entrando in contatto con i nativi americani e traendo da questi ispirazione, ma è una volta trasferito a New York col fratello che da vita al Dripping, tecnica alla base della sua cifra pittorica la quale lo porta ad affermarsi nel mondo dell’arte e del suo mercato.

Distaccandosi dal figurativo, Pollock propone una modalità di stesura del colore che stravolge la concezione dell’arte alla fine degli anni ’40:

Disposte le tele sul pavimento dello studio, inizia a girarvi attorno come in una vorticosa danza, lanciando il colore distrattamente e con movimenti automatici, facendolo sgocciolare in ogni angolo di essa e creando così motivi astratti e surreali.

«Sul pavimento sono più a mio agio. Mi sento più parte del dipinto, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorare dai quattro lati ed essere letteralmente “nel” dipinto»

Il suo stile trova ispirazione dalla sand painting dei nativi americani, con tratti surrealistici e richiami alle opere dei muralisti messicani. Soprannominato “Jack the dripper” dalla rivista Time e giunto all’apice della sua fama, decide successivamente di abbandonare lo stile che lo ha reso famoso optando per delle soluzioni di stampo figurativo.

Seppur definita da Reynolds News uno “scherzo di cattivo gusto”, l’arte di Pollock rivela un sapiente nonché ritmico uso del colore. Pollock, infatti, non lascia niente al “caso”, immaginando preventivamente il risultato dell’opera e non placando la sua gestualità sulla tela fino a che non la ritiene completa e fedele alla sua idea predeterminata.

Le trame dei suoi dipinti sembrano richiamare la geometria dei frattali la cui teoria viene introdotta non prima del 1960 e dunque una decina d’anni dopo le creazioni di Pollock: da ciò si deduce che l’artista abbia inconsciamente ricreato dei motivi già presenti in natura ma sino ad allora sconosciuti.

Sono, in via tendenziale, delle successioni numeriche a titolare le sue opere di action painting: “Numero 31” del 1950 e “Murale” del 1943 sono tra le più celebri.

«L’artista moderno, mi pare, lavora per esprimere un mondo interiore; in altri termini: esprime il movimento, l’energia e altre forze interiori»

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