
Gregory Crewdson
Considerato tra i massimi esponenti della staged photography, il newyorkese Gregory Crewdson ha sviluppato uno stile di forte impronta cinematografica in grado di offrire al pubblico particolari suggestioni narrative attraverso la creazione di scenari iperrealistici ed al contempo fittizi, avvolti da una sospesa drammaticità.
La sua attenzione per la messa in scena ha inizio quando, da ragazzo, studia nel dipartimento di fotografia di Yale: pur partendo da una formazione nell’ambito del realismo documentaristico, i suoi scatti presto si discostano da questo abbracciando uno modo di procedere fortemente cinematografico; E’ il periodo in cui, per le gallerie di New York, osserva i lavori di Cindy Sherman e Laurie Simons, massime esponenti della staged photography da cui si lascerà influenzare per il resto della sua carriera.

A distinguere il suo stile è la capacità di creare in un’unica immagine delle narrazioni elaborate, allestendo dei veri e propri set cinematografici col supporto di una troupe, montando illuminatori artificiali e chiamando attori a recitare un copione prestabilito.
L’uso della luce, dei colori freddi e contrastati e le atmosfere ambigue si rifanno al cinema di David Lynch di cui Crewdson è un grande estimatore; la narrazione, invece, è a tratti ispirata all’angosciosa solitudine dei quadri di Edward Hopper.
«Le mie foto riguardano la ricerca di un momento, un momento perfetto»

Teatralità, concettualità e situazioni costruite sono alla base della sua cifra stilistica. Nei suoi scatti ogni dettaglio, ogni oggetto ed elemento è scelto, studiato e depositato nella scena con una cura minuziosa e maniacale tanto da richiedere mesi di preparazione sul set prima degli scatti effettivi che vengono effettuati in pochi e decisivi minuti. Tra questi, Crewdson ne sceglie solamente uno.
La location di riferimento è, nella maggioranza dei casi, un anonimo sobborgo americano in cui soggetti vengono ritratti nell’angoscia della loro quotidianità disagiata.
L’atmosfera del crepuscolo è un elemento anch’esso ricorrente che, oltre ad avere una valenza estetica e pratica, crea un senso di sospensione e mistero capace di insidiare nella mente dell’osservatore drammatici interrogativi; l’aspetto psicologico è, infatti, di fondamentale importanza nei suoi scatti in cui realtà e finzione si fondono in un unico e misterioso contesto.

Tra i numerosi progetti realizzati nel corso della sua vita hanno riscontrato maggior successo “The Shed” del 2013, “Beneath the Roses”, “Twilight” e “Natural Wonder” realizzati, invece, nei decenni precedenti.
Le sue opere sono conservate nelle collezioni di svariati musei tra cui il Museum Of Modern Art di New York, l’Albert Museum di Londra e l’Art Institute of Chicago.