
Gerhard Richter
La produzione artistica del tedesco Gerhard Richter – tra i più noti creativi del dopoguerra – si concretizza in una cifra pittorica variegata che sfida le mode artistiche a lui contemporanee e vede lo sperimentarsi di uno stile espressivo libero ed informale.
Originario della Germania Orientale, scopre ed accresce fin da ragazzo la passione per l’arte: da un primo approccio al figurativo presso l’Accademia di Belle Arti di Dresda decide, successivamente, di trasferirsi a Düsseldorf, città roccaforte della pittura informale.
I suoi passi nell’arte, in ragione della sua ampia visionarietà, si diversificano l’un l’altro: Richter evolve e rinnova il proprio stile nel tempo, ricercando una libertà espressiva attraverso la dialettica artistica foto – pittura, alternando un approccio figurativo ad uno astratto, minimalista ed a tratti costruttivista.

Molti dei suoi dipinti sono, difatti, realizzati partendo da fotografie, spesso scattate personalmente: paesaggi mossi, vedute agresti e marine, montagne grigie ed intristite sono i soggetti prediletti nella sua ricerca espressiva.
«Il grigio è un colore importante, il colore ideale dell’indifferenza, dell’indecisione, del silenzio, della disperazione. In altre parole, di quegli stati d’animo e situazioni che ci colpiscono e per i quali vorremmo trovare un’espressione visiva»
Punto focale della sua pittura consiste nell’interazione tra l’astrazione fotografica e la fisicità pittorica: in opere come “Piz Surlej, Piz Rosatsch”- foto sovradipinta 1992- adopera la pittura su fotografia, apportando come entità fluttuanti delle macchie di colore bianche e nere su un paesaggio naturalistico, conferendogli un carattere irreale.
La concezione controversa della natura, di una crudezza contrapposta all’uomo, priva di empatia e verità, lo porta a trattare frequentemente il tema: le opere degli anni ’70 raffigurano particolari o ingrandimenti di foto, scorci di ambienti montani snaturati dal loro contesto, spesso mossi e sfocati.

«La fotografia non è reale, è pura immagine, mentre la pittura ha una sua fisicità: si può toccare la tela, ha una sua realtà, sebbene produca pur sempre un’immagine, più o meno bella»
Ritagli di giornali e riviste, fotografie sovradipinte, tavole realizzate ponendo in sovrapposizione vetri e specchi costituiscono la linea guida della sua produzione artistica che esalta l’estetica delle cose piuttosto che il loro significato.
Nel 1964, alla sua prima personale di pittura presso la Galleria Schmela di Düsseldorf, vengono presentate le sue opere per la prima volta: seguono esposizioni nelle più importanti città europee e degli Stati Uniti fino ad arrivare alla retrospettiva del 2005 che vede la sua fama raggiungere il punto massimo.

Tra le opere più celebri ed apprezzate vi sono le “Color charts” ed i “Grey paintings”. Noto anche l’album dal titolo “Atlas”, pubblicato negli anni ’70 che raccoglie un insieme di più di 5000 immagini disposte su circa 700 tavole.
Al particolare linguaggio artistico di Richter è stato ispirato il film “Opera senza autore” del 2018.

«L’arte è la forma più alta della speranza»