
ERIK RAVELO
Il richiamo all’anti-arte del movimento dada e alla sua natura indisponente è un carattere che accomuna le forme artistiche più varie e di più recente sviluppo: molte di queste, infatti, amano rivestirsi di una insistente tendenza alla provocazione.
Perchè farlo? Sfidare le crude verità socialmente accettate, imbarazzare l’omertà collettiva, togliere il silenziatore dalle coscienze dei molti spettatori sono gli obiettivi individuabili con immediatezza nelle intenzioni degli artisti.
Erik Ravelo con i suoi stravaganti progetti di arte multimediale, pittura e scultura, rappresenta l’emblema attuale di un’arte che fa della provocazione il suo centro di gravità permanente.
PROVOCATORE SERIALE DI COSCIENZE
L’artista nasce a L’Avana, Cuba, nel 1978 e si avvicina alla pittura studiando all’Accademia National de Bellas Artes San Alejandro. L’istinto gli suggerisce di perseguire in questa strada e ad appena diciotto anni fugge da L’Avana per lavorare come libero artista in Argentina.
La sua carriera decolla nel momento in cui ottiene la posizione di direttore artistico presso un’agenzia pubblicitaria a Buenos Aires; il suo talento si estenderà da lì a poco oltre i confini nazionali arrivando all’Italia.
Fino al 2002 lavora per l’Agenzia Armando Testa di Torino e diventa successivamente direttore per Fabrica, l’agenzia di comunicazione di proprietà del gruppo Benetton a Treviso che per vent’anni aveva confermato l’insostituibile firma di Oliviero Toscani: l’estetica pop di quest’ultimo si aggiunge alle fonti da cui Ravelo trae la sua ispirazione.
Per Benetton realizza svariate Campagne che hanno fatto il giro del web, facendo decisamente discutere la collettività trovatasi colpita sul personale da queste bizzarre figurazioni: ogni suo progetto creativo si presenta come un inno alla riflessione a cui l’artista induce senza mezze misure ma con una violenta e diretta comunicazione.

Nel 2011 realizza una Campagna che diventa un punto di svolta nella sua produzione artistica: “Unhate” è il titolo di questa serie di scatti raffiguranti i leader mondiali, politici e religiosi, intenti a scambiarsi un bacio. La provocazione del gesto è evidente ma necessaria alla forgiatura di una mentalità diversa in grado di combattere la cultura dell’odio ed accogliere il dialogo per aprirsi ad una vera comunicazione.
Il significato del progetto è dunque allegorico: mira a far riflettere su come la politica e la religione debbano mettere da parte le contrarietà delle rispettive ideologie e portare alla riconciliazione. In merito al progetto, l’artista rivela:
“Gli odi non cessano mai grazie all’odio ma grazie al non-odio”
I PROGETTI CREATIVI: UN ATTACCO AI POTERI FORTI
Erik Ravelo fatica a descrivere con le parole ciò che di sbagliato c’è nella nostra realtà quotidiana; attraverso l’arte però riesce a far ruggire questo suo feroce disappunto:
“Il mio lavoro è il mio urlo di dolore, è il mio modo di arrabbiarmi, io non sparo, non uso le armi, ma li attacco con l’arte.”
Le sue istallazioni, i suoi progetti creativi – molti dei quali realizzati in collaborazione con fotografi internazionali – e le sue sculture dai materiali ricercati si fanno promotori di una svolta culturale il cui intento si prefissa essere quello di partire dai giovani attraverso internet, i social network e i media.






Il progetto che ha consacrato la fama di Ravelo è la serie dal titolo “Gli intoccabili” realizzata assieme al direttore artistico Daniel Ferreira. Censurato dai media perchè ritenuto violento e fuori luogo, il progetto utilizza il simbolo cristiano della croce per sensibilizzare la coscienza collettiva sulle diverse forme di violenza a cui sono sottoposti i bambini nelle società contemporanee; ogni immagine ritrae un bambino crocifisso sul corpo dell’adulto di cui è stato vittima.
Ognuna di queste figure denuncia il tipo di abuso subito dai bambini: Il cardinale evidenzia gli episodi di pedofilia nella chiesa, il pagliaccio icona del McDonald rappresenta i danni alimentari a cui molti bambini sono esposti, un soldato si fa emblema della guerra in Siria così come il ragazzo armato sottolinea le sparatorie nelle scuole americane; segue un chirurgo a rappresentazione del traffico di organi ed il turista occidentale come simbolo del turismo sessuale.
L’adulto di spalle incarna dunque lo strumento di tortura, il carnefice, colui che aveva il compito di proteggere ma non lo ha fatto condannando così i piccoli innocenti ad essere marchiati a vita con l’amara esperienza del sopruso.
Queste immagini arrivano come un pugno dritto allo stomaco e disarmano con la loro efficacia comunicativa. Ravelo evidenzia il suo intento di aprire gli occhi sulle terribili realtà che i bambini si trovano a vivere quotidianamente: davanti ad esse la gente non può restare indifferente.
Gli abusi sui minori sono oggetto di un altra serie di immagini che Ravelo propone, la cui violenza nell’enunciare il messaggio si ripete. Il titolo è “Gli imperdonabili” e ritrae i massimi esponenti politici con in braccio dei bambini privati dei loro sicurezza, della loro spensieratezza, dei loro diritti. Il progetto attribuisce la colpa di tali violenze ai poteri forti, attacca la coda all’asino senza esitare e condanna la società taciturna davanti a tali disgrazie; con approccio crudo e severo colpevolizza i responsabili di questa vera e propria crisi umanitaria.


Caratteristica dei lavori di Ravelo, oltre che la mescolanza di discipline e l’uso dell’allegoria, è il richiamo al simbolismo religioso che viene privato della sua natura spirituale per rientrare in una dimensione rappresentativa essenziale, terrena, materialista, di forte impatto visivo e concettuale.
Tra i progetti censurati, lo scatto realizzato in in collaborazione con il fotografo cinese Shek Po Kwan pone l’accento sul tema delle mutilazioni genitali femminili e dei diritti delle donne.

L‘AMORE COME PUNTO DI UNIONE, INCONTRO, CONFRONTO
Sono diverse le Campagne che Ravelo firma per Benetton e “Lana Sutra” è il titolo di una di queste. Consiste in una serie di 15 installazioni realizzate con dei fili di lana colorata che si fanno portatrici di un messaggio: perseguire l’equità sociale.


L’amore e la sessualità sono al centro del progetto: il nome stesso è una chiara allusione al Kamasutra e ciò si evidenzia dalle forme dei corpi che si intrecciano tra di loro in un atto sessuale, legate tra loro da un filo di lana che ha il compito di unirle e di cambiare il loro punto di vista e quello di chi osserva.
Ogni installazione si compone di due sculture ossia due corpi ricavati da calchi in gesso su modelli reali e successivamente intrecciati con la lana.Anche qui la provocazione si fa palese ed evidenzia come l’amore sia capace di unificare, superando le differenze.

“The Unsustainable” pone invece l’attenzione alla mancanza di amor proprio, una mancanza che si traduce nel lasciarsi andare, comandati dalla tecnologia. L’immagine di un uomo con uno smartphone tra le mani appeso al cappio e sollevato da un drone che lui stesso comanda – o così pare – è l’immagine del suicidio moderno, un suicidio interiore che evidenzia una mancanza di forza oppositiva.
La domanda da porsi davanti a ciò è: Siamo davvero sicuri che sia il volere dell’uomo a controllare il drone?
L’arte di Ravelo, in definitiva, non si sofferma sul tecnicismo ma plana su una concettualità a tratti disturbante: batte con insistenza sul ferro caldo delle nostre coscienze cercando di plasmarle ad una forma migliore, superando ogni giudizio, ogni omertà, ogni censura.
Maria Nunzia Geraci