EGON SCHIELE

IL RACCONTO DEL DOLORE

La breve parabola artistica di Egon Schiele si intreccia con la storia culturale della città di Vienna, un luogo che, alla fine dell’800, era un centro di contaminazioni e sperimentazioni artistiche. Gli artisti del tempo, fortemente influenzati dalla nuova urbanizzazione della città e dai movimenti europei, percepirono la necessità di rendersi autonomi rispetto alle istituzioni ufficiali e diedero vita ad un gruppo autonomo, conosciuto come Secessione Viennese.

Tra i pittori, la figura di spicco fu Gustav Klimt, che ufficializzò la nascita del gruppo e maturò una nuova visione dell’arte, in cui architettura, scultura e design coesistevano. Egon Schiele, molto legato al maestro viennese, inizialmente aderì al movimento, ma ben presto se ne allontanò. Egli, infatti, era “figlio del nuovo secolo” e seguì il primo grande movimento del ‘900: l’Espressionismo.

BIOGRAFIA

Nacque a Tulln, una piccola cittadina nei pressi di Vienna nel 1890. Mostrò sin da subito una spiccata inclinazione artistica che spinse il padrino, suo tutore legale dopo la morte del padre, a iscriverlo all’Accademia di Belle Arti di Vienna.

Nel 1907 conobbe Gustav Klimt, il quale lo introdusse nell’ambiente artistico della città e lo aiutò a sviluppare uno stile personale, lontano dai rigidi formalismi accademici, troppo legati alle istanze del passato. Fu nel 1908, che il giovane Schiele tenne la sua prima mostra, manifestando già un tratto spiccatamente espressionista.

L’anno seguente fu un anno decisivo per Schiele che, prima, partecipò alla mostra collettiva alla Kunstschau in cui esposero Munch, Matisse, Gauguin ed altri che si erano allontanati dall’ambiente secessionista e, successivamente, fondò un gruppo di quindici artisti che, come lui, avevano lasciato l’Accademia, ma non si rispecchiavano nelle istanze artistiche di Klimt o dell’Art Nouveau.

Nel 1910 lasciò Vienna per il piccolo paese di Krumau. Qui visse da celibe con la modella Wally Neuzil, suscitando lo sdegno degli abitanti del posto che non vedevano di buon occhio i dipinti di nudo dell’artista. I due scelsero di trasferirsi a Neulengbach, ma le tensioni con gli abitanti di Krumau non finirono. Schiele fu accusato di aver sedotto e rapito una minorenne e di aver ritratto giovani fanciulle nude. Stette in prigione per un breve periodo e, al termine del processo, le sue opere furono ritenute pornografiche. 

Grazie all’amico Klimt, Schiele tornò a Vienna e continuò a lavorare. Nel 1914 si sposò con Edith Harms, sua moglie e unica musa fino alla morte.

Allo scoppio del primo conflitto mondiale fu chiamato al fronte, ma poté continuare a dipingere, evitando la prima linea.

Nel 1918 partecipò ad una grande esposizione dedicata agli artisti della secessione, riscuotendo grande successo; questo, però, fu anche l’anno della morte della moglie, uccisa dalla spagnola mentre era incinta. Tra giorni dopo, il 31 ottobre 1918, anche l’artista ebbe la medesima sorte.  

CAPOLAVORI DI TORMENTO

La vita di questo artista, simbolo della crisi esistenziale che caratterizzò il primo Novecento, fu sempre tormentata dal dramma della morte. Causa scatenante fu, probabilmente, la precoce dipartita del padre, scomparso dopo aver contratto la sifilide, nonché malato di mente. Questo difficile scenario famigliare alimentò l’ossessione dell’artista per la morte e per una forma di sessualità sfrenata e compulsiva.

Sin dalla giovane età, si legò alla pratica di disegno, producendo più di trecento opere in meno di dieci anni. La pittura e l’arte divennero per Schiele un modo per fare spazio e per dare forma alla sofferenza interiore.

Provò un’immediata repulsione nei confronti degli stantii metodi accademici e ricercò modelli artistici al di fuori, sperimentando stili diversi: dipingeva a contatto con la natura, utilizzando tecniche innovative nella modellazione del colore. Ma fu in seguito all’incontro con Gustav Klimt che Schiele ebbe modo di mostrare il suo estro.

Già nelle prime opere esposte, a differenza del maestro e amico Gustav Klimt, Schiele rifiuta i tratti delicati e sottili, inseriti in una cornice quasi favolistica, fatta di ori, colori accesi e fiori, bensì predilige una linea tagliente e incisiva, in cui il colore acquista un valore autonomo non naturalistico, sottolineato soprattutto dall’utilizzo dell’acquarello.

Le sue scelte artistiche si sposano con l’evoluzione del movimento espressionista, nato in Germania all’inizio del Novecento e poi diffuso in tutta Europa. Coerente con le sue fondamenta, Schiele utilizzava l’arte per esaltare drammaticamente il suo lato interiore ed emotivo, attraverso corpi e figure deformate, linee nervose e colori forti e violenti, quali il rosso, il marrone, le tinte terrose, il nero e il giallo pallido.

Egon Schiele, La morte e la fanciulla, 1915, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna

La sua pittura è quindi del tutto soggettiva, enfatizzata dalla scelta dell’autoritratto che egli realizzava riflettendosi in uno specchio. Il pittore cerca esplicitamente di comunicare all’osservatore il disagio e il tormento che lo accompagnavano quotidianamente, mostrando un’immagine deforme di sé stesso. Occhi grandi, scuri e fissi sullo spettatore, pelle pallida in contrasto con i folti capelli neri, lineamenti estremamente marcati e le sue enormi mani che denunciano un’angoscia logorante.

Attorno a lui il vuoto, una staticità insopportabile, simbolo della sua paura dell’abbandono e dell’isolamento.  Il corpo, spesso nudo, di Schiele si manifesta in tutta la sua debolezza. Il suo è il volto di un uomo fragile e solo, ma disposto a condividere tale fragilità quasi come un manifesto.

Egon Schiele, Autoritratto con dita aperte, 1911, Historisches Museum der Stadt, Vienna
Egon Schiele, Autoritratto nudo, 1910, Albertina, Vienna

Risulta impossibile non notare l’attinenza tra i volti di Munch e il viso di Schiele, entrambi portatori di una sofferenza profonda, strabordante dalle loro anime, in quanto capace di coinvolgere l’umanità. Il loro è un grido sordo, figlio di un’epoca complessa, in cui la modernità sconvolge l’uomo e lo conduce alla follia

340 dipinti in soli vent’otto anni di vita. Un tratto incisivo e forte, capace di dar voce alla sofferenza e alla malinconia. Tutto questo è Egon Schiele, un artista tormentato e complesso, il cui dettato pittorico ha dato e continua ad essere voce di un’inquietudine universale. 

Giuliana Di Martino

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