DANIELE ACCOSSATO: lo scultore che “rapisce” l’arte

Lontana dall’austera monumentalità dei canoni classici, l’arte di Daniele Accosato si dimostra frutto di una ricerca scultorea che unisce l’antico ed il nuovo con estrema ironia

Stoccata, confezionata ed imballata, la scultura non si era mai mostrata in modo tanto irriverente ed inaspettato, lasciando lo spettatore perplesso ed incuriosito. Attraverso questa modalità l’artista riesce a tirar fuori “la più accattivante espressione di sé” che se pur intenta a riformare l’idea di bellezza classicista non rinuncia a citarla con doverosa accuratezza tecnica.

Le sculture “rapite”

Torino è la città in cui il giovane artista asseconda la sua fiorente tendenza alla scultura: lì nasce nel 1987 ed intraprende negli anni un percorso di crescita artistica che lo porta dalle file dell’Accademia di Belle Arti alle esposizioni nelle più importanti gallerie italiane.

La sua ricerca scultorea appare irriverente ed innovativa, ragion per cui vince numerosi premi e riconoscimenti, facendosi notare – e ricordare – all’interno delle mostre collettive in cui prende parte a Milano, Torino e in molte altre città italiane, arrivando sino a Miami in “Scope Art Show” nel 2019 e New York in “VOLTA Art Fair” alla Armory week del 2020.

Gran parte delle sue opere altro non sono che un richiamo all’arte classica ed ai soggetti di natura archetipica: guerrieri dell’antichità giunti fino a noi dai racconti mitologici e dai celebri scritti di matrice occidentale, figure simbolo di sentimenti umani, virtù e debolezze che vengono riscoperte e scolpite in modo assolutamente anticonvenzionale.

Ma in cosa consiste questa anticonvenzionalità? Daniele Accossato rende l’osservatore partecipe di un vero e proprio “rapimento”.

Lontane dai piedistalli in cui tutti siamo abituati ad ammirarle, le sculture “classiche” di Accossato vengono letteralmente rapite, legate tramite funi e corde, costrette in pose forzose e inusuali, prelevate dunque dal loro contesto elitario e poste in casse pronte al trasporto; l’artista le confeziona e le imballa come fossero merce pronta alla consegna, facendo uso di materiali da trasporto che variano dal pluriball al pallet.

Un Bronzo di Riace viene legato e rinchiuso in una cassa, mostrato per la prima volta non con il carattere fiero e audace con cui siamo abituati a vederlo ma nei panni di un prigioniero vulnerabile ed indifeso; allo stesso modo il Leone di Nemea viene costretto ad abbandonare la sua aura di potere e protezione, intrappolato da funi, cercando di liberarsi con gesti scomposti e indomiti, in una ribellione disperata ma lasciata inascoltata.

L’artista elabora dunque un modo del tutto personale per restituire una dimensione realistica alle statue: queste vengono ora riprese con espressioni di terrore tragicomico, cosa che non sarebbe avvenuta in epoca classica dove le figure risultavano idealizzate, perfette e prive di quell’espressione emotiva dal sapore contemporaneo.

Pezzi di sculture celebri e dal valore inestimabile vengono così reinventate, trafugate come per assurdo e custodite in gabbie di legno come reliquie preziose: la testa di Apollo e una delle ali della Nike di Samotracia vengono rubate metaforicamente dall’artista che lascia così intendere con ironia che le sculture originarie siano state smembrate nei singoli elementi costitutivi.

Daniele Accossato illustra una estetica nuova, bizzarra e contraddittoria, sintesi di una ricerca scultorea che può essere racchiusa in quattro erre fondamentali: RAPIMENTO, REINTERPRETAZIONE, REINVENZIONE, RIFLESSIONE.

Nuove chiavi di lettura

L’azione dell’artista appare come violenta, irriverente e sacrilega ma la sua produzione si presta alle più varie chiavi di lettura che vanno ben oltre l’apparente volontà di dissacrare.

Molte delle sue opere, infatti, tendono ad evidenziare come la scultura sia trattata alla stregua di banale merce, metaforizzano il legame tra arte e mercato che, per quanto sia necessario, spesso tende a compromettere o condizionare la libertà d’espressione degli artisti.

Approcciarsi alla sua arte implica l’accettare un contrasto tra antico e contemporaneo che, tuttavia, sembra assumere i contorni di una perfetta simbiosi visiva; Il nostro modo di immaginare la scultura viene stuzzicato, portato a vedere le forme classicheggianti in un contesto diverso dalla confort zone proposta dal nostro immaginario.

Se da un lato la sua produzione mira ad esaltare l’importanza del passato dell’arte, della sua storia e del suo bagaglio tecnico, dall’altro evidenzia la tendenza dei movimenti contemporanei a mettere in discussione  gli antichi valori ed i canoni del bello.

Non rimane che una domanda da porsi: quello di Daniele Accossato è un modo per denunciare questa tendenza o accoglierla con ironia?  Lasciamo al lettore quest’ultima deduzione.

Per saperne di più visita il sito: https://www.danieleaccossato.com/

Articolo a cura di: Maria Nunzia Geraci

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